mercoledì 17 settembre 2014

METAMORFOSI: LA RIVOLUZIONE FEMMINISTA


Il nostro contributo alla rassegna NON A VOCE SOLA vuole essere una riflessione sul fil rouge della rassegna LA METAMORFOSI.
Che cosa lega la metamorfosi alle donne e alla loro storia?
Io ho sempre pensato alla metamorfosi in termini acquatici, per me la trasformazione ha a che fare con il fluido e antropologicamente la fluidità è connessa all’elemento femminile.Le donne sono più metamorfiche, più adatte al cambiamento, sia perché il loro corpo cambia in modo più evidente, per esempio durante una gravidanza, sia perché la loro forza è più simile a quella dell’acqua che a quella del fuoco.
Ma quello che qui ci interessa discutere è l’aspetto politico di questa trasformazione, il cambiamento, la rivoluzione che il movimento delle donne e il femminismo hanno prodotto.
Quando è iniziata questa metamorfosi radicale?
Quando siamo uscite dai modelli che una cultura maschile monosessuata aveva imposto per secoli, quando, sentendoci estranee ai ruoli opposti ma complementari di madri e mogli da una parte e seduttive amanti dall’altra, abbiamo sentito che noi non c’eravamo, non eravamo né queste né quelle né buone né cattive, allora abbiamo rotto lo specchio e spezzato l’incantesimo.
La metamorfosi è cominciata con una constatazione dolorosa: in quel mondo noi non c’eravamo, eravamo quello che da secoli ci avevano fatto essere, anche le parole con cui dicevamo “io” non erano le nostre parole e dunque non c’era nessun “io”.
Occultare l’esistenza dei generi nel pensiero e nella cultura occidentale, nelle rappresentazioni e nel simbolico e affermare l’esistenza di un genere neutro ha in realtà significato imporre un genere solo, quello maschile, su quello femminile.Per questo ancora oggi tra le regole grammaticali l’uso del maschile ingloba il femminile e non viceversa.
La tentazione del neutro in realtà ha significato l’occultamento di un genere sull’altro.
Da quella nostra assenza, da quel senso di inadeguatezza sono nate le grandi battaglie delle donne del Novecento tanto da poter affermare che l’unica rivoluzione riuscita del secolo scorso sia stata proprio quella femminista: il diritto di voto, il nuovo diritto di famiglia, l’interruzione volontaria di gravidanza, il divorzio, il congedo parentale sono conquiste di quel movimento, di quelle lotte, delle quali oggi tutte e tutti possono godere.
Ma ancora più importante è stato a livello simbolico il cominciare a dirsi a partire da sé, le pratiche di autocoscienza, l’affidamento ad altre donne più grandi che quel percorso l’avevano fatto.
Il privato è politico:quale rivoluzione più grande del connettere finalmente due sfere che sempre la cultura e la storia avevano mantenute separate:il privato, l’interno, il focolare, la casa appartenevano alla donna, il politico, la polis, la città appartenevano all’uomo.
Privato è politico vuol dire una cosa molto semplice: che quello che sono, che sento, una volta che l’ho riconosciuto come mio, cioè come originale nascita e non come costruzione stereotipata lo voglio trovare nel mondo, lo voglio costruire nel mondo, voglio prendermi la responsabilità di esserci e la responsabilità di agire politicamente insieme ad altre donne, non in nome di astratti principi, ma per i soggetti incarnati che siamo.
Se pensiamo ai tanti luoghi del mondo di cui ci parlerà stasera anche Giuliana in cui le donne non hanno i diritti di cui noi godiamo capiamo fino a che punto il femminismo sia stato una rivoluzione e non solo per noi ma anche per gli uomini.
Ma bisogna anche stare attente e non abbassare la guardia ed essere vigili perché è facile tornare indietro perché la violenza sulle donne nel nostro paese testimonia che ancora c’è molto da fare soprattutto in termini di educazione ai sentimenti e all’affettività.
Dalle donne che nel mondo lottano per i loro diritti più elementari dal diritto alla vita al diritto di parola dovremmo invece reimparare ad alzarci in piedi, ad indignarci, a non assuefarci all’esistente, non chiudendoci nel nostro intimo e privato, non diventando degli uomini, ma semmai costruendo con loro una vera  democrazia a due.
Del resto le femministe non odiamo gli uomini e molti uomini, come quelli del gruppo Maschile Plurale che collabora anche con questa rassegna, hanno imparato dal femminismo proprio a partire da sé, riconoscere il privato come politico, a non occupare lo spazio dell’altra, a divenire consapevoli di essere una parte del mondo e liberarsi così del fardello di doverlo rappresentare e pensare tutto intero.
Per concludere con le parole della femminista americana Robin Morgan
Il femminismo non è una minoranza che disserta su questioni culturali interessanti ma minoritarie appunto, è la metà del mondo che chiede di prendere parola su tutto.

Non è un’ideologia e neanche un partito, ma uno sguardo sul mondo che è stato, è e sarà sempre una vera totale rivoluzione. 
M.Grazia Baiocco dell'Associazione Donne di Mondo.